Il giardino verticale, prima ancora di essere la definizione di uno spazio verde particolare, è un concetto che si ricollega alla verticalità simbolica dell’uomo, che percepisce se stesso come un elemento verticale in natura.
L’uomo
La verticalità ha rappresentato il passaggio dell’essere umano dalla preistoria alla sua maturità, per cui, raggiungendo la postura eretta, l’uomo si è trovato al culmine del proprio ciclo di vita e del proprio destino.
Il concetto di verticalità si applica al principio della vita stessa, se si considera la fotosintesi clorofilliana come il presupposto della crescita delle piante correlata alla ricerca della luce, per cui alla spinta verso l’alto. Tale vigore caratterizza tutto il mondo della vegetazione, che si è poi prestato alla manipolazione dell’uomo sin dall’antichità.
Basti pensare ai giardini pensili di Babilonia, fatti costruire da Nabucodonosor II, nel VI a.C.. per la moglie Amitis, al fine di alleviare la nostalgia delle sue meraviglie paesaggistiche d’infanzia.
Sin dalle origini, realizzare un giardino aveva la funzione di creare un altrove e di contrassegnare la posizione di importanza dell’uomo, attraverso la ricreazione di un ambiente naturale lontano dal proprio luogo originario.
L’architettura
Dopo l’intervento dell’uomo, nel giardino si inserisce anche un elemento artificiale: l’architettura o meglio la topiaria, la tecnica decorativa che usa le piante e gli arbusti in modo da creare architetture.
E’ proprio attraverso questo artificio, che l’uomo è riuscito a porre uno sguardo in senso verticale sul mondo, attraverso le visioni in piano, la prospettiva o l’assonometria. In Occidente, i primi scritti sulla vera e propria pianificazione e la rielaborazione del paesaggio e dei giardini compaiono invece intorno al XIV secolo.
La verticalità con Hector Horeau
In antichità, si usavano degli artifici architettonici per allontanare le piante dalla terra – principio che sta alla base dell’idroponica e dunque dei giardini verticali.
Pensiamo ai sostegni per sfruttare la capacità rampicante della vigna, come ad esempio il berceau, la pergola, che in origine era intesa come un supporto che permetteva alle viti di svilupparsi verso l’alto – quest’ultima era già in uso nella Parigi del XV secolo.
Dal momento in cui iniziarono ad essere utilizzati i sostegni, la verticalità del giardino non fu più legata al solo potere rampicante della pianta, ma anche alle strutture che la aiutavano ad allontanarsi dal suolo.
Fu nel XIX secolo che Hector Horeau affrontò il problema della separazione della pianta dal suo ambiente nutritivo naturale, nell’ambito del progetto di copertura dei viali parigini. L’architetto decise di ornare la volta in vetro, sopra la passeggiata, con delle vasche riempite di terra e fiori, posizionate a cascata. Per queste vasche, Hector progettò un sistema di irrigazione che riusciva al incanalava verso l’alto l’acqua piovana.
Dalle installazioni di Hector Horeau, divenute un punto di riferimento per l’arredo floreale urbano, l’artificio architettonico applicato al giardino è divenuto, oltre a un elemento decorativo, anche una necessità, soprattutto nelle città moderne per la salvaguardia dell’ambiente.