Il Consumo del Suolo
Ci stiamo accorgendo che il consumo del suolo costa, e non poco. Questa importante riflessione non l’ha fatta un qualsiasi attivista ambientalista d’assalto, bensì l’Ispra, l’Istituito Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale che il 13 luglio ha diffuso un suo rapporto intitolato “Il Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”.
La maggiore novità del rapporto di quest’anno è che l’ Ispra ha quantificato il danno economico.
Circa il 7% del suolo nazionale è ricoperto da infrastrutture ed edifici di vario genere. Per avere una pietra di paragone, stiamo parlando di circa 21 mila chilometri quadrati, corrispondenti a poco meno della superficie dell’ Emilia Romagna.
Sempre secondo l’Ispra il suolo consumato pro-capite è passato dai 167 metri quadrati del 1950 per ogni italiano, a quasi 350 metri quadrati nel 2013.
Quasi 4 metri quadrati al secondo, 35 ettari al giorno, 120 km quadrati l’anno.
Il Nord Italia risulta l’area più colpita, ma ultimamente anche alcune regioni del Sud stanno incrementando notevolmente il consumo del suolo.
A livello Regionale (e quindi rapporto tra superficie territoriale regionale e consumo di suolo) dai dati pubblicati , risulta che nel 2015 in ben 5 regioni è stato superato il 5% di suolo consumato, con il valore percentuale più elevato in Lombardia e Veneto, dove si supera il 10%, e subito dietro , seguono la Campania, la Puglia, e l’ Emilia Romagna
Ma quanto ci costa tutto questo cemento?
Secondo questa ricerca se sommiamo la mancata produzione agricola e forestale, il mancato assorbimento della Co2 , il peggioramento del microclima urbano per aumento del calore estivo, la perdita di biodiversità, e l’alterazione dell’infiltrazione e purificazione dell’acqua verso le falde, si arriva a una cifra stimata che vaira tra i 538 e gli 824 milioni di euro, che rapportati ad ogni ettaro di suolo consumato sono pari a circa 36.000/55.000 euro per ogni ettaro di suolo consumato.
Il costo più elevato è determinato dalla mancata produzione agricola che incide per più del 51%, segue il sequestro del carbonio (18%), e la protezione dall’erosione e dalle alluvioni (15%) .
Queste stime non tengono conto della perdita dell’impatto sugli ecosistemi, ovvero , la creazione di aree residuali totalmente inutilizzate, l’abbandono di aere agricole e la frammentazione degli habitat.
Ecco che in una situazione così difficile da gestire e da rimediare, la creazione di giardini verticali diventa sempre più importante . I nostri paesaggisti devono lavorare per riqualificare l’ esistente.
Il nostro patrimonio edilizio può essere riutilizzato proprio sfruttando le grandi capacità e versatilità dei giardini verticali.