Stare vicino a un giardino è come un viaggio nella psiche, che ha effetti positivi per il nostro equilibrio fisico e mentale. Secondo lo psicanalista Gustav Jung (Kesswyl 1875 – Küsnacht, Zurigo, 1961) la forma e la struttura di ogni giardino rappresentano simbolicamente la possibilità di creare dei limiti alle emozioni umane che si trovano nella nostra vita interiore.
L’educazione e il ciclo della vita
Tra uomo e giardino esiste un rapporto di tipo educativo, dove il primo si prende cura dell’altro attraverso la correzione e il controllo della crescita naturale delle piante.
Il giardino ci coinvolge perché è allegoria della corrispondenza tra il nostro esistere e il ciclo universale della vita. L’inseminazione, la nascita, lo sviluppo, la maturazione, la caduta e l’avvizzimento sono l’espressione del ciclo di vita dell’uomo. Lavorare a stretto contatto con la terra concilia dunque la comprensione del mistero della vita e della morte.
Il giardino, come specchio della nostra anima, stimola all’osservazione, all’ascolto e al pensiero, a una cura che apparentemente è rivolta ai semi e alle foglie, ma che invece si riflette dentro il nostro spirito.
Attraverso la presenza delle piante, correggiamo la nostra impazienza e con i gesti della cura educhiamo noi stessi al silenzio e alla solitudine, alla contemplazione e alla meditazione.
Il benessere
Secondo il filone terapeutico della «Garden Therapy», il rapporto con la natura ha effetti curativi per il nostro fisico. Natura è sinonimo di una guarigione contro i malesseri che ci fanno sentire svuotati e inappagati, contro ansie, problemi relazionali e depressione. Si tratta di forme di inadeguatezza psicologica molto comuni all’individuo moderno, in particolar modo se vive in contesti urbanizzati e tecnologizzati.
Di derivazione anglo-sassone, la Garden Therapy, in costante sviluppo in Europa, Stati Uniti e Giappone, è uno strumento per migliorare la vita delle persone colpite da stress, disabilità varie, malati cronici, anziani, ma anche come programma riabilitativo per giovani e adolescenti e detenuti.
La nostra psiche è collegata alla natura perchè il genere umano è parte di essa. La «sindrome da deficit di natura», stata coniata nel 2005 dallo scrittore Richard Louv nel suo libro «Last Child in the Woods: Saving Our Children From Nature-Deficit Disorder 2005» e accolta nel «Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali», è un malessere esistenziale legato al problema dell’ambiente, derivante dal bisogno vitale di riallacciare il nostro legame con la terra.
L’interiorità
Trovarsi a contatto con habitat e specie viventi è il modo più diretto di ritrovare un equilibrio perduto e prendersi cura di sé. Il momento della potatura, ad esempio, è una pratica necessaria anche per la nostra vita, per tagliare i rami secchi e capire che cosa è davvero importante, per poi fare le scelte che realmente corrispondono alle nostre necessità di realizzazione.
il biologo statunitense, Edward O. Wilson, ha introdotto nel 1984 il concetto di «biofilia» ovvero l’innata tendenza di tutti gli esseri umani a essere attratti dalle forme di vita e da tutto ciò che le ricorda. Farsi incuriosire ed emozionare dalle forme viventi vegetali è dunque un istinto che affonda nelle radici stesse dell’essere umano
Anche la semplice cura e vicinanza di un giardino, richiama il nostro istinto biofilico, permettendoci di entrare in uno stato affettivo di fascinazione e partecipazione al mondo naturale nel suo insieme.
Quello che ne consegue nei soggetti più predisposti è una specie di stato di grazia da cui scaturisce la capacità di affinare, oltre ai nostri sensi, anche le capacità mentali, ovvero l’«intelligenza naturalistica», che rappresenta l’ottavo tipo di intelligenza umana secondo la «Teoria delle Intelligenze Multiple» dello psicologo H.Gardner; relativa al riconoscimento e la classificazione di oggetti naturali.